Nebraska

Agosto 9, 2022by Redazione0

Dieci brani secchi ed essenziali, carichi di realismo e cruda verità, che narrano di storie individuali, di vite sacrificate in un improbabile sogno americano.

Due anni dopo il roboante successo di “The river”, doppio Lp di pura energia rock, Bruce Springsteen registra un disco in casa, in compagnia della chitarra acustica e dell’armonica.

L’album presenta una copertina in bianco e nero che riprende uno scorcio della campagna americana in un giorno di pioggia; all’interno dieci brani secchi ed essenziali, carichi di realismo e cruda verità, che narrano di storie individuali, di vite sacrificate in un improbabile sogno americano.

“Nebraska”, la canzone che apre l’album, è aperta dal suono lieto dell’armonica, ma la voce di Bruce è grave mentre parla di scorribande e di omicidi: dieci persone sono state uccise da un ragazzo e da una ragazza, e il ragazzo è in attesa della condanna: “Hanno dichiarato che non merito di vivere / hanno detto che in quel gran vuoto la mia anima dovrà essere scagliata / volevano sapere perché ho fatto quello che ho fatto / ecco, signore, immagino che questo mondo sia troppo squallido”.

 Dieci brani secchi ed essenziali, carichi di realismo e cruda verità, che narrano di storie individuali, di vite sacrificate in un improbabile sogno americano.

“Atlantic city” è più mossa e avvincente, con un testo che affronta una situazione individuale difficile, di una persona sbandata e senza troppe speranze per il futuro. “Mansion hill”, accompagnata anch’essa da una trasognata armonica, è uno splendido quadretto bucolico dedicato all’infanzia, ai ricordi intensi della villa sulla collina che sovrastava la città e che era ammirata dal giovane Bruce.

“Johnny 99” è la storia di un assassino, anch’esso frutto della degenerazione della società: “Beh, avevano chiuso la fabbrica d’auto di Mahwah alla fine dello scorso mese / Ralph si era messo a cercare lavoro ma non era riuscito a trovarne nessuno / tornò a casa troppo ubriaco per aver mischiato gin Tanqueray e vino / prese una pistola sparò al guardiano notturno e ora lo chiamano Johnny 99”. Colpisce la capacità di condensare in poche righe personalità e situazioni. Come accade in “Highway patrolman”, storia di Joe e Frank Roberts, uno poliziotto, l’altro un poco di buono. Quando Frank ferisce gravemente un uomo in un bar e fugge, Joe lo insegue ma raggiunto il confine canadese, lo lascia andare via.

Suggestiva l’immagine di “State trooper”, di una persona in viaggio in autostrada senza documenti e senza grandi ideali: “Nelle prime ore del mattino ho la mente annebbiata i ripetitori delle radio mi guidano dalla mia piccola / dalla radio si sentono le stazioni di Talk-shows che si sovrappongono sono chiacchiere chiacchiere chiacchiere fino a farti perdere la pazienza / ehi qualcuno là fuori ascolti la mia ultima preghiera e mi porti via da questo nulla”. “Used cars” è la storia della propria famiglia, e l’automobile usata è la metafora usata per descrivere una povertà che non permette neanche di comprare una macchina nuova.

Ogni canzone nasconde un significato profondo; in “My father’s house” il protagonista sogna di tornare nella casa paterna ma trova ad abitarci gente sconosciuta, in “Reason to believe”, l’ultimo brano che è pieno di ottimismo, si indaga su un motivo per cui vale la pena vivere: “Alla fine di ogni sudato giorno di lavoro la gente trova una ragione in cui credere”.

Album intimista e colloquiale, “Nebraska” colpisce per le sue storie prese dalla vita reale, quasi dei bozzetti cinematografici, che sono trasportate in musica da uno Springsteen particolarmente ispirato.

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